... " Devi telefonarmi ogni giorno" lo disse con aria seria, decisa. Già mi sentivo in colpa per come quella presunzione mi facesse sentire piccola ... e non lo ero più.
Mi aveva lasciata che avevo sei mesi, ed ora, a distanza di vent'anni, s'imponeva con un diritto che mai aveva esercitato. Non c'era amore, in quella richiesta, non l'ho mai avvertito nemmeno ripensandoci negli altri venti che ho vissuto ...
Io dovevo. Io, che ero stata messa da parte, lasciata a mia madre, io, figlia illegittima, figlia di una ragazza madre, illusa d'amore e orgogliosa del frutto di quello che riteneva un atto d'Amore. Sì, Amore, è ciò in cui ho sempre creduto, ciò che ho imparato a sentire a pelle, cogliendo sfumature che paiono impercettibili ....
Lui, esigeva una continuità, che non aveva mai avuto ed io odiavo questa sua presunzione, ma era mio padre, e l'ho sempre chiamato .... almeno giustificavo il senso del tradimento che pativo per colui che mi aveva cresciuto nei primi sedici anni della mia vita: Dano.
Mio padre era uno che diceva " ... aspetto che cresca, cosa voi dire ad un bambino piccolo? " forse con me ha aspettato un po' troppo, lasciando in sospeso un dialogo che non è mai avvenuto, ma ha preteso che io fossi quella che lui aveva in mente; sciocco.
Mi venne a cercare, attraverso un fratello di mia nonna. Era riuscito a riprendersi una vecchia baracca sul lago e a comprarsi il solido albergo che il suo socio aveva fatto fallire. Era riuscito a far modificare la destinazione d'uso in abitazione e da 15 anni conviveva a due passi dal lago con la compagna che l'aveva aiutato in questa impresa, la figlia e la nipote di lei. Era riuscito a mettere da parte abbastanza quattrini, da poter abbattere la baracca e farci edificare un vero e proprio ristorante. Fu a quel punto che si ricordò di me, forse, come gli disse suo fratello, per sfruttare la figlia, dopo aver sfruttato mia madre. Ma questo lo seppi dopo.
Ero incinta quando mia madre mi disse : "ti devo parlare di una cosa complicata". La invitai a sedersi sul mio letto e d'un fiato : " ... tuo padre è Gino, ti è venuto a cercare" Non mi sfiorò nemmeno il peso che dovette sopportare per arrivare a dirmi quelle parole, già piangevo pensando a Dano, mi lacerava il cuore il senso di tradimento. Avrei detto sicuramente sì, che avrei voluto ritrovare mio padre, ma questo significava trovare il modo per non ferire chi lo aveva fatto al posto suo .... Dano lo sapeva, tutti sapevano : il segreto di Pulcinella che il diretto interessato viene a sapere per ultimo. In verità, lo sapevo anche io : le foto del baule di latta me lo avevano sempre detto. Al mio battesimo, c'era Gino. Nei primi mesi, c'era Gino. Nelle foto di ragazza di mia madre, felice e radiosa, c'era Gino e poi non più ... Quante domande avevo fatto, quante spiegazioni avevo chiesto, a quante risposte più o meno plausibili avevo creduto ... quanto livore avevo taciuto per quello che ritenevo un usurpatore. Noi bambini siamo così : moralisti nel midollo !
"Non hai ambizioni" era la ripetuta epigrafe all'immagine che si era costruito di me, quando coccolavo mio figlio o mi mostravo fiera d'essermi costruita una famiglia e sentirmi appagata e desiderosa di diventare di nuovo madre. Ambizione? Nessuno me l'aveva insegnata; a casa mia si viveva in serenità, non c'era bisogno di dimostrare nulla a nessuno, si godeva di ciò che c'era, si risparmiava per poter andare in vacanza in Sardegna, si aspettava l'arrivo di papàDano, nonna cucinava per gli ospiti che,fissi, il sabato venivano a giocare a "bestia" sul tavolo rotondo coperto dal panno verde e fumavano tanto da far sembrare la cucina una bisca clandestina della peggior tradizione bolognese, e m'abbuffavo di documentari e di passeggiate lungo il Savena tra gli orti degli amici di mia nonna ... questa era la mia quiete, questa era la mia vita, di quale ambizione avrei dovuto affaticarmi?!
Non c'era mai stato e come una tempesta arrivò nella mia vita, presuntuoso, vile e distratto all'emozioni, ai sentimenti, come l'era sempre stato. In quei vent'anni che m'ha concesso, la mia più grande soddisfazione è stata assecondare il suo bisogno di riparare senza mai rinfacciargli le mancanze, dimostrargli che il denaro non fa la felicità, che nelle difficoltà una famiglia unita è la miglior squadra e vince sempre e che nonostante non fossi quella che sperava io ero una bella persona ... Non mi citò nemmeno come presenza nel suo testamento, oh, certo, l'ultima frase fu per me quando, con gli occhi coperti da una patina azzurro intenso, rispose alla badante che gli chiese: " Gino, chi è questa ragazza!?" ... " La mia bimba!" ... Ecco, potevi rimanere in silenzio, potevi evitare vent'anni di niente, di disperata speranza di sentirmi amata, di umiliazioni perchè non ero quella che avevi creduto, di condizionamenti perchè eri mio padre e non potevo chiederti perchè mi avevi lasciata, vent'anni di scuse idiote per giustificare il perchè avevi lasciato mia madre, vent'anni che mi hai fatto vivere come se tutto ciò che tu mi davi avesse molta più importanza di me ed io dovevo essere grata di questa tua concessione ... " la tua bimba" sì, lo dicevi a tutti : un vanto che non è mai stato un tuo merito, un vanto solo a parole, un vanto perchè i miei fratellastri, quelli a quali mi hai sempre nascosto, non erano nemmeno in grado di provvedere a loro stessi, un vanto perchè nonostante tu te ne sia fregato io c'ero, con tutto l'amore che avevo imparato, con tutta la speranza che anche tu lo conoscessi .... Allora, m'illudo ancora che nel " la mia bimba" sia racchiuso tutto l'amore che non sei stato capace di darmi, un ultimo saluto, tre parole che forse solo io posso sentire affettuose, solo perchè resti nel mio cuore almeno una briciola di buono dell'uomo incapace che ti sei dimostrato.
Ah, sciocca me, nutrita di speranza e amore, sciocca me che mi lascio scompigliare dal vento credendo che abbia un senso, sciocca me che per quanto mi si continui a ferire, trovo un senso dubitando d'aver mal compreso, aspettando che il buono arrivi, perchè deve essere così, non si può vivere altrimenti !
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Silvia...
RispondiEliminaMaurizio
Sono stato a guardarti, sono stato a sognarti, e non vè credo che non possa sentirti..Le emozioni non sbiadiscono come il tempo, le parole forti restano come fiori sul terrazzo a prender vento a lasciare vanto. Vorrei sentirti respirare la primanera e allontanare nuvole che d'amore non colorano.
RispondiEliminaBuon Giorno Carissima Silvia,
RispondiEliminaogni essere in questa vita e in tante vite ha un suo personale cammino, che prima o poi lo conduce al celato radioso profumato raro fiore del suo stesso sole interiore. Nell’infinito tempo c’è una legge universale che giustifica ogni piccolo/grande dolore per un amore più grande.
@ Maurizio ... lo sai che mi piace guardarmi attraverso i tuoi occhi, mi toglie l'affanno dei pensieri e mi porta al centro di me ! Sei così caro
RispondiElimina@ Raffaele ... ti leggo pensando a ciò che mi hai scritto in un post precedente ... e comprendo il perchè stai dicendo questo ... ( Mio padre non c'è più da oltre tre anni )Ho provato tre volte a sostenere il tuo commento, ma ogni volta ho scritto più parole che nel post e quindi decido d'accogliere il tuo pensiero, la tua speranza, così com'è. Un abbraccio
Ci siamo conosciuti su un tuo post su tuo padre,leggo in silenzio,ad occhi chiusi,parole che suonano in me.
RispondiEliminaUn bacio
@ NERO ... quanto tempo è passato ... Sono andata a rileggermi il post, addirittura era il 15 dicembre 2008, il primo anniversario ... Dio mio, in maniera diversa ho detto le stesse cose e tu ci sei ancora ... A volte il dolore si rinnova per non perdere ciò che si è stati, per dare un senso a ciò che si è ... Nel fulcro siamo sempre gli stessi: mi piaccio e mi piaci anche tu. Un bacio !
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