giovedì 27 ottobre 2011

... figlie, madri ...


... ho chiamato mia madre, era solo un giorno che non la sentivo, ma stanotte Anna se n'è andata, avevo il telefonino spento, l'avevo spento prima di ogni altra sera. Ho avuto il pensiero che Natascia mi  chiamasse, che potesse succedere, ma l'ho spento lo stesso convincendomi che non sarebbe successo, se non l'indomani. L'ho spento, anche se le ho detto di farmi sapere. L'ho spento, anche se avrei voluto correre da lei appena fosse successo. L'ho spento per restare sul divano, invece che al pc, mentre gli uomini da casa guardavano la partita, avrei letto fino in fondo " Dannazione" e l'ho fatto stupendomi che la fine coincidesse con Halloween, il giorno dopo il mio compleanno, come a pensare a mille coincidenze che non sono il caso. Non a caso avrò spento il telefonino. Ho lasciato sola Natascia, sola col suo dolore ... e m'ha svegliato stamattina, al telefono di casa ... non importava dicesse nulla, avevo capito dalla pausa di silenzio prima del mio " tesoro ... " ... Non ci si prepara, si accoglie o ci si riversa un po', per quanto se ne senta il bisogno, per quanto senti che ti puoi lasciare andare. Nel tempo che mi dice, è figlia, sento Walther farsi carico delle procedure mentre lei finalmente s'abbandona in singhiozzi trattenuti che fino ad ora erano stati quelli di lui.
 " Ieri le ho detto che è stata una brava mamma, non so se mi ha sentito, non importa, dovevo dirglielo"
Certo che ti ha sentita , cucciola mia, sicuramente ti ha sentita. E la raggiungo prima che partano. Ho bisogno di abbracciarla. Ho bisogno di abbracciarmi a lei, di abbracciare Walther, per quanto possa essere davvero marginale la mia presenza, non posso stare qui, per quanto possa essere d'intralcio, non posso restare qui.
Sono pronti, sono solo in attesa di andare verso il mare, dai nonni, loro ancora hanno bisogno e sarà là che Anna tornerà a casa. Ha preparato i vestiti : in questi gesti che paiono di lucida ragione c'è un amore infinito. Anche gli orecchini, quelli che indossava quel martedì, e la fede, Walther la farà saldare alla sua ... Nat, mi ha fatto pure il caffé ... Sabato, sarà Sabato il giorno ... Nat mi spiega la strada poi mi dice che non importa, che non ci farà caso a chi ci sarà. Me li abbraccio ancora e starei così ancora di più, ma c'è un viaggio che li aspetta e mille pensieri che devono essere vissuti tra loro: una figlia, un marito. Vado, ci sentiremo più tardi.
Non arrivo nemmeno al cancello che già chiamo Anna, non ce la faccio da sola, lei è più concreta di me, ha questo rapporto adulto con la fine, il dolore la ferisce, ma sa come essere di conforto, aveva pensato hai fiori e io avevo procrastinato arrivando da Nat solo con me stessa, dice " Sabato andiamo " mentre io farfuglio cose senza senso, mi lego a Valerio, ai miei impegni del cazzo, mentre lei continua a parlare, è già organizzata, comunque sia va, andiamo, sto pensando a mia madre, ieri non l'ho sentita, non riesco a sistemare i pensieri, ho bisogno di chiamarla. Anna chiede se so la strada, Nat mi ha spiegato minuziosamente come arrivare, sorrido, anche in questi momenti lei è precisa e chiara, le avevo detto che volevamo mandarle i fiori ... ora che scrivo, capisco, bimba mia. Sì, partiremo sabato mattina, comunque. Chiamo Valerio, cambia voce quando attraversiamo un lutto, era già così questa mattina, dopo che Nat mi ha dato la notizia, già sapeva, l'ho capito da come mi ha risposto. Voglio andare a casa, voglio chiamare mamma. Anna lo sa, sa cosa prova Natascia, sa quanto ci si senta soli, quanto manca quel posto dove nascondersi ogni tanto, dove si torna figlie nonostante si sia già madri, al di là di come si vorrebbe essere figlie, al di là di come si pensano le madri, dice " il cordone ombelicale " e sento che non si può dire altro.

" Mamma, la mamma di Nat se n'è andata stanotte ... "
vorrebbe abbracciare Natascia.
" Mamma, noi ci siamo dette sempre tutto, vero? Sai quello che provo, vero? "
" Ci siamo sempre dette tutto! Vorrei soltanto che tu sorridessi pensando a me quando non ci sarò più, vorrei che i tuoi bambini, sorridessero ricordando le cose che abbiamo fatto insieme..."
" Sarà così, lo sai !"
" Avrei voluto poter fare di più, ma sono felice d'esserci stata quando ne avevi bisogno, di essermi goduta i miei nipoti, tu sei la mia vita e io ne vado orgogliosa "
" E io di te"
Continua coi pensieri ad alta voce, di come avrebbe voluto sua mamma, del fatto di averla compresa comunque, delle scelte diverse, della nostra longevità, le dico che porteranno Anna in provincia di Cesena, si preoccupa per il traffico perché oggi è un'altro giorno di lutto : comincia a parlarmi del Sic, e ci troviamo coinvolte in un altro dolore, proprio come fosse nostro, cercando di comprendere il motivo per cui ci ferisce così ed è l'amore per la Vita, anche attraverso gli occhi e le parole i gesti di un ragazzo che ne è pieno e ce l'ha potuto dimostrare, di quanto facciano bene i sogni che iniziano e diventano realtà e le parole di cuore, sincere, spontanee, ricominciamo a parlare di noi,dei miei figli del Sic, perché il suo pensiero la porta sempre là ... ci diamo appuntamento da me, nel pomeriggio, vorremmo stare insieme, esserci senza essere là, dovrei avrei voluto andare, per la stima che ho di due genitori che sono stati capaci di essere ali di un sogno e nido e orgoglio buono e consapevolezza senza rimpianto, senza rimorso ...
Sto scrivendo di Anna, suona il telefono, è mamma: " ... stai vedendo la tv?"
 "no" so già
" metti sul due"
 ... Abitiamo a cinquecento metri di distanza, è anche così che c'accoccoliamo al nostro cordone ...
 " ok, ci vediamo dopo, se ti va, ciao mamy !"

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